Strategie Story: Amatissima di Toni Morrison

Melania ci racconta la lettura di gruppo di maggio 2019, Amatissima di Toni Morrison

un graffito che raffigura il volto della scrittrice toni morrison

Cosa significa per uno schiavo essere libero? E cosa significa per una donna?

Strategie Prenestine ha letto Amatissima a giugno 2019. Allora io non ero ancora una Stratega, ma l’ho recuperato durante il lockdown imposto dalla Covid-19 esattamente un anno dopo. Noi Strategh* siamo concordi sul fatto che sia un romanzo che va letto, con un occhio al momento della vita in cui si decide di farlo: è una storia durissima, in cui l’amore di una madre per i propri figli esplode in una violenza distruttiva che nelle intenzioni della protagonista, Sethe, è invece conservativa e indispensabile.

Grazie a Strategie ho scoperto l’immensità di Toni Morrison. Leggere Amatissima mi ha fatto provare la stessa sensazione che sperimento tutte le volte che arriva un colpo di fulmine letterario: un rimescolamento interiore, come se corpo e mente si svegliassero all’improvviso dopo una scarica di energia fortissima. Quando succede così, a fine lettura non sono mai la stessa persona di prima.

Valentina

Amatissima è l’opera più conosciuta della scrittrice statunitense Toni Morrison, prima donna afroamericana ad aver vinto il premio Nobel per la letteratura.

Pubblicato nel 1987, vincitore del premio Pulitzer nel 1988, il romanzo è ispirato a un fatto di cronaca realmente accaduto: a metà del 1800 la schiava fuggitiva Margaret Garner decide di assassinare con un coltello da macellaio la propria figlia di soli due anni piuttosto che permettere che torni in mano ai padroni bianchi. Quella di Garner è una vicenda celebre, più volte tirata in ballo quando si discuteva di lotta alla schiavitù, in particolare di leggi contro i neri che si sottraevano ai doveri verso gli schiavisti, e la Morrison ne era venuta a conoscenza anni prima, quando stava lavorando a un’antologia di ritagli da quotidiani che documentavano la storia degli afroamericani negli Stati Uniti per Random House, casa editrice per la quale era editor.

Nell’introduzione alla riedizione inglese – proprio per Random House – del 2016, Toni Morrison racconta che, una volta dimessasi del suo impiego come editor in seguito alla decisione di dedicarsi in via esclusiva alla scrittura, si ritrovò a riflettere su cosa potesse significare per una donna essere libera. Naturalmente, nel contesto storico della fine degli anni Ottanta il dibattito circa l’emancipazione femminile si concentrava sull’accesso a salari equi e a un certo tipo di professione e sulla possibilità di scegliere se sposarsi o no, se avere figli o no.

Quelle riflessioni riportarono però Morrison a più di un secolo prima: cosa significava essere libera per una donna nera nel 1855? Avere figli per una schiava era richiesto, necessario [le schiave nere valevano di più degli schiavi maschi perché potevano riprodursi, nda], mentre svolgere un ruolo genitoriale, e quindi amare, era impossibile perché i figli venivano sottratti alle mamme subito o quasi subito, come ci racconta dolorosamente il personaggio di Baby Suggs, e, quando questo non succedeva, dovevano rassegnarsi a vederli accuditi da altre donne, picchiati o venduti. 

La poetica di Morrison è sempre stata concentrata sull’analisi dell’identità razziale dei neri, o meglio della perdita di questa, nelle varie stagioni della Storia dell’America. Il suo primo romanzo, L’occhio più azzurro (1970), ad esempio, racconta la storia di una bambina nera che desidera avere gli occhi uguali a quelli di Shirley Temple. Per comprenderla a pieno vi propongo la lettura del suo discorso di accettazione del premio Nobel nel 1993 e aspetto di sapere se Amatissima è stato o sarà per voi quello che è per me: un romanzo che spacca le ossa.

(Immagine: Wikimedia Commons)

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